sabato 3 maggio 2008

* Formia: tavola rotonda

La parrocchia di San Giuseppe Lavoratore ha festeggiato con rinnovato slancio il santo Patrono della comunità. Grazie ad un gruppo di giovani che in sinergia con gli adulti della parrocchia sono riusciti a dare maggior lustro alla festa che sta ormai prendendo piede nel cuore e nella mente dei formiani. Diverse le tappe vissute insieme che hanno visto la partecipazione di un gran numero di persone. Di grande riguardo il considerevole numero di bambini che nel pomeriggio di mercoledì 30 aprile hanno partecipato alla festa a loro riservata. Ci sembra opportuno soffermare la nostra attenzione particolarmente sulla Tavola rotonda che martedì 29 aprile ha soffermato la riflessione di tutti sulle motivazioni che spingono i giovani ad essere violenti.
La conferenza si è aperta con una significativa frase tratta da una rivista: “ciò che gli adolescenti più o meno cercano è la sicurezza di sé, quando questo traguardo sembra irraggiungibile esplodono fenomeni violenti”. Prende la parola il primo relatore Il sociologo Ugo Tomassi che ha sottolineato come la fase adolescenziale si stia progressivamente allungando con il conseguente allargamento delle fasce sociali. All’origine c’è un decisivo problema educativo ovvero lo sviluppo precoce di atteggiamenti non accompagnato da una guida. Il bullismo non è l’episodio scandaloso che vediamo in tv ma una violenza costante, che perdura nel tempo da parte di una persona “forte” ai danni di una più “debole”. Diversi fattori sono la causa di questo fenomeno: i problemi familiari, la mancanza di dialogo, le difficoltà relazionali e il gruppo in cui domina la legge del più forte. È necessario, secondo il sociologo, un lavoro pedagogico, educativo e formativo per prevenire e rimediare a qualsiasi atto di violenza. Bisogna screditare il luogo comune che interessa soprattutto la scuola media- superiore, lo ritroviamo già dalla scuola elementare. Secondo ospite dell’incontro è il comandante dei carabinieri di Latina Leonardo Rotondi che definisce il bullo come un essere che propone la propria volontà di vita con il ricorso alla violenza non per uno stato di necessità. Spesso non si ammette il danno subito o non si ha fiducia nella giustizia. Per prevenirlo, secondo il comandante, è necessario individuare il male, isolarlo e proteggerlo, va bene il perdono ma non il buonismo, ognuno deve fare qualcosa ma sicuramente la famiglia è più importante. Interviene poi una psicologa dell’età evolutiva che individua nei ragazzi una continua necessità di differenziarsi, pertanto si ispirano a modelli, ai valori che fornisce. Secondo la dottoressa i ragazzi devono essere guidati a comprendere i propri comportamenti: i risvolti positivi e negativi, cosa c’è dietro, il motivo mentre concretamente non è così; i nostri giovani sono abituati ad avere tutto, non sanno aspettare ma secondo la psicologa non è colpa loro ma del modello a cui si ispirano. Quindi la soluzione al problema è dare il messaggio di cercare un modo per controbattere quel bullo, stare un po’ di più nelle cose e non buttarle via appena ottenute perché già non ci piacciono più. Penultimo relatore è il giudice Rosanna Brancaccio che spiega l’usuale confronto a livello giuridico tra bullismo e mobbing ma mentre il primo è un fenomeno verticale, il secondo orizzontale. L’importante secondo il giudice è far passare il senso di responsabilità. Infine prende la parola un rappresentante del mondo della scuola il prof. Adolfo Tomassi, insegnante di lettere presso il liceo scientifico e per diversi anni nella scuola serale. Il professore parte immediatamente definendo la scuola come un luogo dove formare modelli: anche se oggi stare con i ragazzi è più difficile rispetto alla loro capacità velocissima di evolversi gli insegnanti devono essere dei modelli. Bisogna essere pazienti, non basare la scuola sulle nozioni, i ragazzi non sono numeri ma persone con un proprio vissuto, dedicare tempo all’accoglienza e la giusta importanza all’aspetto relazionale nel gruppo classe. Il bullismo ormai è un fenomeno che pervade le nostre realtà è necessario che tutti i punti di vista intervenuti in questo incontro collaborino per arginare sempre di più questo inammissibile fenomeno.
Simona Gionta

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