mercoledì 6 agosto 2008

* Premiato D'Ambrosio

Due premi letterari per Leone D’Ambrosio, risultato vincitore per la poesia inedita all’Ugo Carreca di Chiavari, giuria presieduta dall’italianista Graziella Corsinovi dell’università di Genova, e primo premio anche, per l’edito, all’Aeclanum di Avellino, giuria presieduta dal prof. Antonio V. Nazzaro, Presidente della Società Nazionale Scienze, Lettere, Arti di Napoli, con la sua recente raccolta di liriche “Il canto di Erato” edita da Azimut di Roma, con la prefazione di Maria Luisa Spaziani e una nota di Alberto Bevilacqua.
“Questo Canto di Erato possiede qualità. È pieno di grazia, non è “grazioso” aggettivo sviante e riduttivo, unisce grazia all’eleganza precisa del verso e merita di chiamarsi Canto.(…) Canto d’amore, dunque, dove la prevalenza del vuoto si unisce alla malinconia o alla tragedia di una bimillenaria tradizione di amanti sempre aggrappati all’orlo scivoloso di una coppa”. Scrive questo Maria Luisa Spaziani, “Musa” del più grande poeta del Novecento, Eugenio Montale, nella prefazione alla raccolta di D’Ambrosio.
Come la precedente raccolta “Amore segreto”, tradotta in francese in “Je dormirai dans ton âme”, premiata in Francia dall’”Académie des Lettres”, con una nota del vaticanista Jean Chélini, anche questa è una raccolta di cui la purezza lirica s'indirizza al canto dell'amore. La Musa della poesia amorosa greca, Erato, ispira, così, il poeta ad un colloquio sommesso e dolce con l'amata, dispensiera di gioia e di tormento.
“Corre a te la mia pazienza/ e nel destino d’ogni uomo/c’è un mare tramutato in fuoco/ e due anime che si toccano”.
“I versi di D’Ambrosio hanno ‘la loro donna’, una figura (o una serie di figurazioni) che incarna il desiderio di ‘assoluto’. Un assoluto che è simbiosi ininterrotta di felicità con sofferenza, di percorso vitale e l’in limine della morte”. Scrive Alberto Bevilacqua nella nota di chiusura alle 52 poesie che compongono “Il canto di Erato”.
“S’allunga la sera inzaccherata d’uva/ e resta fuori il fiato della morte./ noi siamo due innesti/ di mille e mille vite/ per il frutto che nasce.”

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