martedì 22 luglio 2008

* Cura anziani-CGIL/SPI

FRASCATI: PARTE IL TAVOLO DI OPERATORI, SINDACATO E ISTITUZIONI PER ISTITUIRE CORSI DI FORMAZIONE E UN ALBO DELLE 'BADANTI', OLTRE CHE PER VERIFICARE LA POSSIBILITA' DI SOSTENERE LE FAMIGLIE CON ANZIANI A CARICO. CACCIOTTI (CGIL): "VISTI I NUMERI DI QUESTO FENOMENO NEL NOSTRO TERRITORIO, L'IMPORTANZA DI QUESTO TAVOLO E' FONDAMENTALE E GARANTISCE, ANZIANI, FAMIGLIE E ASSISTENTI FAMILIARI"
Si è tenuto giovedì scorso presso l'Aula Consiliare del Comune di Frascati, il convegno organizzato dalla CGIL e dallo SPI su un tema di estrema attualità: la cura degli anziani e la realtà delle badanti, dal titolo: "Lavoro di cura: la conciliazione dei tempi e la qualità dell'assistenza".Onorato che il Convegno si sia fatto nel proprio Comune e impegnato anch'esso sul tema, il Sindaco di Frascati Franco Paolo Posa, ha portato il saluto ai presenti. Molti i punti salienti che hanno dato spunto all'incontro e che hanno già prodotto i primi risultato dal punto di vista operativo: diritti delle assistenti familiari, più familiarmente dette 'badanti', sostegno alle famiglie che devono sostenere questa spesa e un servizio di qualità professionale per garantire una serena vecchiaia ed un'opportuna assistenza ai nostri anziani.Si è partiti dai dati numerici. Nel nostro territorio sono presenti:
• 690.318 abitanti,
• 113.988 sono ultrasessantacinquenni,
• abbiamo 68 comuni 2 ASL la H con 6 distretti socio-sanitari e la G con 3.
• Una presenza molto importante di RSA, forse fin troppo importante, perché vengono accolti molti assistiti di altri territori con ripercussioni nei bilanci comunali. Questo Distretto RM H1, composto da 7 Comuni: Frascati, Monte Porzio Catone, Monte Compatri, Rocca Priora, Rocca di Papa, Grottaferrata e Colonna, sicuramente è il Distretto Socio-Sanitario tra i più attenti e con tutta una serie di iniziative che fanno da punto di riferimento anche per altre realtà."Per questo abbiamo pensato insieme allo SPI e agli Immigrati, di fare l’iniziativa a Frascati" ha affermato Adele Cacciotti, segretaria della CdLT Cgil Pomezia-Castelli e tra le ideatrici dell'iniziativa, "per vedere di promuovere proprio in questo distretto iniziative specifiche e mirate alla popolazione che è composta da circa 87.837 abitanti, di cui:
• 15.830 ultra-sessantacinquenni
• 4.263 disabili
• 3.097 disabili ultra-sessantacinquenni
• 1.166 disabili con demenze di cui 544 con Alzheimer
Come si può rilevare dai numeri, e per come si stanno trasformando le famiglie (da famiglie patriarcali a mononucleari), così come i radicali cambiamenti delle condizioni materiali e psicofisiche delle persone (ad esempio: il costante innalzamento delle aspettative di vita fa aumentare il numero degli anziani con demenza senile), stanno determinando una notevole crescita della disabilità e della non autosufficienza, con la chiamata in causa delle istituzioni pubbliche che hanno (o avrebbero) il dovere di fornire i necessari servizi e le indispensabili prestazioni sociosanitarie e socio-assistenziali, ai cittadini non autosufficienti". Purtroppo le pubbliche amministrazioni (governi nazionali, regioni ed enti locali) non hanno mai considerato (ad eccezione dei malati psichiatrici) gli invalidi permanenti (handicappati, disabili e non autosufficienti) come persone con patologie croniche, alle quali garantire i livelli essenziali di assistenza sociale e tali limiti sui diritti di welfare universale hanno spinto milioni di famiglie a ricercare soluzioni assistenziali (a proprie spese) sostitutive, come le RSA, i servizi domiciliari integrati, i centri diurni.Continua così ad illustrare la situazione attuale la Cacciotti: "Le famiglie che si vedono costrette ad affidare ad una assistente familiare la cura di un congiunto non autosufficiente, in moltissime situazioni, lo fanno perché non hanno alternative e perché lo scenario di riferimento pubblico è rappresentato dall’incertezza della continuità assistenziale domiciliare, dalla non sufficiente disponibilità di posti nelle RSA e dai pesanti costi della compartecipazione alla spesa. Attualmente questi costi sono ripartiti fino a 13.000 euro a quasi totale carico del Comune residente, da 13.000 a 25.000 euro compartecipazione del 40%, da 25.000 in su compartecipazione fino al 50%. Pertanto la risposta con le assistenti familiari ai fabbisogni di cura e di assistenza, è una risposta quasi scontata, inevitabile, anche nel nostro territorio". Ma questa risposta va attentamente e realisticamente analizzata e valutata nel merito, rispetto alle capacità e alle esperienze professionali di queste lavoratrici, nonché alla loro affidabilità.
La realtà professionale va correttamente evidenziata e considerata, per non enfatizzare un “lavoro di cura” che poggia sostanzialmente sulla disponibilità individuale, sull’attaccamento affettivo e sui sentimenti umani (certamente presupposti importanti da valorizzare, ma non unici) di queste lavoratrici nei confronti del disabile e/o del non autosufficiente.Così come non può la famiglia pensare che una volta stabilito il rapporto di lavoro con l’assistente familiare, ci si dimentica che questa lavoratrice è una lavoratrice e non può farsi carico 24 h su 24 dell’assistenza, così come non può accadere che i periodi di riposo settimanale e /o annuale non vengano fatti fruire."Sappiamo, inoltre, che nella irregolarità è presente anche un incontrollato “caporalato” che articola la presenza, le sostituzioni, i riposi e la retribuzione delle assistenti familiari." continua Adele Cacciotti "Così come siamo consapevoli che, a parte qualche rara eccezione, le attuali “assistenti familiari”, provenienti da altri paesi, oltre alla scarsa conoscenza della lingua italiana, non hanno alcun titolo riconosciuto di formazione professionale equipollente acquisiti, con lo studio, con la pratica e con il periodico aggiornamento, dagli addetti all’assistenza italiani. Per la mancanza di specifica formazione ed esperienza professionale, ad esempio, una persona con morbo di Alzheimer, difficilmente potrà essere accudita ed assistita adeguatamente, da una badante senza titoli formativi sociosanitari". Da ciò la proposta ad Asl, Regione, Provincia e Comuni, oltre che agli operatori di settore, di creare un Albo a cui le famiglie possano rivolgersi per essere certe di affidarsi a personale qualificato, che ha seguito corsi specifici.Ma anche un altro aspetto, poco conosciuto, è stato trattato: il preoccupante numero di vertenze sindacali promosse da regolari e irregolari che, in qualche occasione, imbarazza lo stesso sindacato."Quando ci si trova di fronte a vertenze legali promosse dall’assistente familiare nei confronti dell’“ex-datore di lavoro”, spesso la famiglia con redditi da lavoro o anziano/a, iscritto/a allo stesso sindacato ha redditi da pensione molto bassi e materialmente non riesce a rispettare le leggi e i contratti di lavoro. "conclude la Cacciotti" Per questo riteniamo, importante che anche le famiglie siano consapevoli e non lasciate sole nel decidere quale sia la scelta più giusta da fare per la cura e l’assistenza del proprio congiunto, sapendo che la persona che vive nel proprio ambito familiare, vive più a lungo, mentre che viene ricoverato in una RSA subisce la perdita degli affetti, la perdita della propria intimità e psicologicamente si predispone a calare il sipario della propria vita. Inoltre, considerando che i costi dell’assistenza familiare sono completamente a carico della famiglia, e che un ricovero presso una RSA costa alla comunità circa 2.500/3.000 al mese, mentre con l’intervento della sola famiglia la comunità non spende nulla, bisognerebbe stabilire che la Regione Lazio, possa erogare contributi economici (legati al reddito ISEE) finalizzati ai costi contrattuali delle badanti regolarizzate". Un impegno, da questo punto di vista è stato preso sia dall'Assessore Regionale al Lavoro e alle Pari Opportunità, Alessandra Tibaldi, presente al Convegno, che da Claudio Cecchini, Assessore ai Servizi Sociali della Provincia di Roma che si sono fatti carico di iniziare già nei prossimi giorni ad organizzare il tavolo con sindacato, operatori e appunto istituzioni, per avviare i corsi di formazione per le assistenti familiari e per costituire un Albo, verificando anche gli interventi economici appropriati.

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