sabato 26 luglio 2008

* Gioventù Italiana-Latina

La provincia pontina, da ormai troppo tempo, sta attraversando una crisi produttiva nel settore dell’industria che sta esplodendo in tutta la sua drammatica realtà. E’ stato calcolato che i costi, in termini di risorse umane, di tale recessione sia di circa 1500 vittime, disoccupazione che è piombata su altrettante famiglie pontine. Si possono snocciolare dati, cifre e tabelle, ma non è il caso di scendere in un dettaglio facilmente reperibile nelle apposite sedi. L'Organizzazione Provinciale di Latina di "Gioventù Italiana", movimento giovanile del Partito de "LaDestra", interviente su questa tematica con la presente relazione, ricca di un'analisi del fenomeno ed una serie di proposte che si auspica vengano prese in considerazione.
Non c’è zona franca, non c’è isola felice.
Da Aprilia a Castelforte, in ognuno dei 33 comuni che hanno imprese di tipo industriale, gli operai e l’indotto vivono in una grave sofferenza causata dalla incertezza del Futuro. I primi soggetti a rimetterci, ovviamente, sono i più giovani, gli inoccupati o coloro che sono in cerca di prima occupazione: sono loro che vengono frenati nelle speranze, nelle aspettative, nella volontà di formare nuove famiglie, nella capacità di dare, di produrre, di creare, per la propria azienda e, quindi, per l’economia locale e di riflesso anche nazionale. C’è da chiedersi se la cura della flessibilità nelle politiche dell’occupazione sia riuscita a tamponare questo tipo di situazione. Ebbene, sulla carta sì, ma nella realtà cosa si deve registrare? Ad esempio che un’azienda, dopo 3 anni di contratto, può benissimo mandare via una persona, semplicemente (visto che altrimenti dovrebbe assumerla obbligatoriamente con un contratto “fisso”) perché non c’è domanda di produzione, salvo poi scoprire che il vecchio “contrattista” viene rimpiazzato con uno nuovo.
Ma come mai sta esplodendo questa crisi? Le ragioni sono molte e diversificate. Innanzitutto la concorrenza internazionale di quei Paesi con un costo del lavoro minore, che al 99% delle volte corrisponde a sistemi di lavoro con orari produttivi maggiori del nostro e senza tutele sociali da parte dei lavoratori. Dopodiché la politicizzazione e la frammentazione del Sindacato che, nella storia, sta perdendo repentinamente la sua vera funzione di tutela del lavoro per essere passivo notaio di crisi aziendali, centro di pratiche legali (con i CAF), e orticello privato di quei pochi dirigenti che sfruttano le loro investiture sindacali per ottenere vantaggi, più o meno palesi, senza che invece si porti la componente lavoro al centro delle dinamiche aziendali. Non si devono tralasciare, poi, le norme sulla flessibilità già citate in precedenza: è giusto andare incontro ad un datore di lavoro che soffre offrendogli così uno strumento legato alla “stagionalità” della domanda, ma non è affatto giusto che il lavoro temporaneo o a termine debba risultare più conveniente rispetto al lavoro fisso, o a tempo indeterminato. Per intendersi, se per un investimento un soggetto non riesce a coprire l’importo con propri fondi ricorre al prestito, regolato da apposite norme, che ha un costo in termini percentuali di interessi passivi. Tale dovrebbe essere anche la concezione da avere riguardo il ricorso al lavoro temporaneo: ore di lavoro in prestito, ore di lavoro che devono servire ad uno “sviluppo” che altrimenti non arriverebbe con le sole proprie esclusive forze.
Per quanto riguarda, poi, più precisamente la Provincia di Latina, le situazioni di crisi hanno comportato in questi giorni il “cambio” alla guida del Consorzio di Sviluppo Industriale Roma-Latina, a seguito di una mozione di sfiducia verso il precedente Presidente del CdA, e con l’elezione di un Presidente che possa garantire nuova linfa e nuove soluzioni per il territorio interessato dall’opera del Consorzio. E’ un ulteriore sintomo di come le cose si stiano mettendo in un modo non felice, e sì. La Politica (quella con la P maiuscola) che promuova in Italia e all’estero lo spirito di una Provincia che, dopo aver domato la palude, ha le potenzialità e le capacità di competere con le sfide del Futuro ad oggi è sempre mancata nella Provincia pontina. Nel nostro territorio le crisi industriali stanno nascendo come residuo di quello che un tempo fu la gallina delle uova d’oro per eccellenza, il bengodi di ogni politico dell’Italia centrale e meridionale: la “Cassa del Mezzogiorno”. L’aiuto di Stato ha fatto molto comodo a chi voleva impiantare un’industria a costo praticamente zero, tanto c’era la “sovvenzione” dello Stato. Ha fatto comodo anche al politico di zona che voleva piazzare i figli dei suoi sostenitori a fini elettoralistici: tanto c’era la sovvenzione dello Stato che garantiva l’industriale di turno. Ed intanto non si sono mai realizzate le infrastrutture di collegamento su ferro, su gomma e su acqua quando potevano essere realizzate in un territorio ancora vergine e non soggetto a vincoli di varia natura come ne esistono oggi. Ha fatto comodo ai lavoratori, che non si accorgevano che, per il benessere del momento, si comprometteva la vocazione agricola del territorio (i fondi agricoli, poi, sono stati praticamente polverizzati), non si rendevano conto che avrebbero pagato il loro benessere con gli interessi (il loro stipendio elargito indirettamente dalla “Cassa” andava a gonfiare quel debito pubblico di cui sfoggiamo tristemente il record).
Inoltre una questione “economico-sentimentale”: con l’aiuto di Stato non si son evolute forme di produzione legate al territorio, nel territorio ma soprattutto “del territorio”. Non è mai nato, per intenderci, un solo marchio che identificasse, con il suo nome, anche l’appartenenza ad un territorio: si ricordino, per esempio, i binomi Fiat-Torino, Olivetti-Ivrea, ma perché no, anche CocaCola-Atlanta o GeneralMotors-Detroit. Non serve essere aprioristicamente contro il modello dei gruppi multinazionali, sarebbe servito essere più vigili per fare in modo tale di non creare ambiente fertile allo sfruttamento del territorio, avvenuto nel passato da parte di quei Gruppi, multinazionali e non.
Cosa fare adesso? Subire e rassegnarsi oppure rivoluzionare e travolgere lo status quo? Crediamo che nessuna delle ipotesi sia quella intelligente ed applicabile. Si può solo iniziare un lungo percorso di riforma e di intervento da parte dei soggetti competenti per correggere la rotta, operazione che sarà lunga e tormentata prima di portarci in acque più amiche. Che proposte possono essere avanzate dal canto nostro? Poche e semplici, ma utili e necessarie, sempre più:
intraprendere relazioni economiche e commerciali solo con quei Paesi che offrono ai lavoratori vere tutele sociali e salari con poteri d’acquisto nelle proprie economie paragonabili a quanto succede nel nostro Paese e nella media dell’Area Euro;
sanzionare le aziende che si rendano colpevoli di sfruttamento del lavoro a basso costo nelle aree depresse del pianeta e ridurre significativamente i rapporti commerciali con i Paesi che non adottano tale Politica;
superare la logica dei veti del Sindacato nelle singole aziende, coinvolgendo così direttamente i lavoratori nelle scelte e nelle decisioni, con la partecipazione nei Consigli di Amministrazione delle aziende (applicando finalmente il dettato dell’art. 46 della Costituzione Italiana);
aprire regolari rapporti di scambi commerciali con Paesi fuori dell’Area Euro per smaltire le eccedenze di produzione rispetto alle quote stabilite dai trattati europei, che andrebbero altrimenti distrutte o assorbite in modo illegale nel circuito produttivo;
regolamentare le forme di lavoro temporaneo in modo che siano più costose per le aziende del lavoro a tempo indeterminato;
favorire le micro-imprese, riducendo i tempi delle procedure amministrative per l’avvio delle attività;
combattere la piaga del lavoro nero introducendo un Sistema Fiscale di recupero totale dell’IVA sulle prestazioni e sui beni;
favorire l’accesso al credito che consenta ai giovani ed agli imprenditori di sviluppare i loro progetti, abbattendo il peso eccessivo dei tassi d’interesse per progetti imprenditoriali che investano sull’uso e sullo sviluppo delle risorse locali per creare e formare un’imprenditoria non senescente e di lunga prospettiva, essenziale per uno sviluppo endogeno del territorio, che oggettivamente manca, in primis, nella Provincia).
"Gioventù Italiana" Provincia di Latina

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